Sunday 8 November 2009

The Sickness

Mi avevano assicurato i medici che con il tempo sarei guarito. Secondo loro, i miei sintomi – nausea mattutina, attacchi di panico, depressione alternata (molto raramente) a euforia, impulsi violenti verso gli uomini vestiti di nero, ecc. – erano da considerare del tutto normali in un diciassettenne tifoso dell’Everton.
“Vedrai,” ha detto lo psichiatra da cui mi aveva portato mia nonna (mia nonna è tifosa del Liverpool e si preoccupava non tanto del mio malessere quanto della figura che avrebbe fatto se le sue amiche al Circolo Merda Rossa fossero venute a sapere che suo nipote prediligeva i Blues), “adesso che vai ad iscriverti all’università, tutto cambierà. Tra birra, droga e donne non avrai più tempo per preoccuparti dei disastri calcistici combinati da undici uomini che non conosci neanche.”
Mia nonna sorride beata. “E’ quello che gli dico sempre io, Dottore, ma non mi vuole dare ascolto.”
Si gira verso di me. “Vieni! Prima di raggiungere il nonno al pub andiamo a comprarti un narghilè e un maxicartone di preservativi.”
Dell’università, nonostante il narghilè è stato sequestrato dal vice-rettore nel corso di un’irruzione notturna, ho dei ricordi bellissimi, e anche negli anni successivi ho sempre cercato di seguire il saggio consiglio implicito nelle parole dello psichiatra. I sintomi, però, rimangono, e alle quattro di stanotte mi sono svegliato sudando freddo in seguito ad un incubo in cui l’Everton non è riuscito ad andare oltre il pareggio con il Hull City. Dovrei cominciare a preoccuparmi?