Tuesday 29 July 2008

Il frate bastardo e lo scoiattolo sfigato

Ieri, dopo molti anni, mi e’ venuto in mente Barry Binner. E’ successo mentre i miei Nipoti 2c, 7a e 7b seppellivano in fondo a un piccolo stagno di fango il libro che avevo momentaneamente poggiato sul prato per dedicarmi all’estinzione di un incendio nato quando altri due nipoti – quelli i cui nomi e la cui provenienza non mi ricordo mai – hanno dato fuoco alle mia valigia. (Per la cronaca, sono riuscito a salvare il mio boxer preferito, la manica di una camicia e uno scoiattolo sfigato che era caduto da un faggio fra le braccia dei due diavoletti.)

Barry Binner era il simpaticone che nel penultimo anno di liceo mi ha chiesto di collaborare con lui durante la prova scritta di russo. Mi ricordo ancora il bagliore del suo sorriso specchiato nella lama del coltello che mi teneva alla gola. In quel momento mi sono accorto che per quanto fosse ammirevole il Precetto Numero 9 di mio nonno Jimmy (“Non farti mai intimidire da nessuno”), il principio conduttore della mia vita sarebbe stato “Non morire mai inutilmente”. Binner ha superato l’esame con la lode.

Sto divagando, comunque. Mi sono ricordato di Barry Binner non per la sua bravura con le armi (tra l’altro, chi conosce miei nipoti sa benissimo che hanno a disposizione un’arsenale che e’ l’invidia dell’esercito israeliano) ma per una riflessione filosofica che ha fatto un giorno durante la lezione di religione. Brother Bastard, uno dei frati della Congregazione dei Bigotti Sadici che gestivono la scuola, ci stava spiegando la contraccezione*, quando Barry ha deciso di condividere con tutta la classe l’ultimo frutto della sua mente criminale: “E’ una stupidaggine non fare tanti figli: piu’ ne hai, meno devi lavorare.” Dopo di essere stato picchiato e ridotto in fin di vita da Brother Bastard – i frati erano sempre meglio armati persino di Binner e non gradivano le interruzioni – Barry e’ riuscito a spiccicare qualche ultima parola. Nella sua visione della famiglia perfetta, ci disse, quei bambini che non fossero riusciti a lavorare e a portare al pater familias un guadagno dignitoso sarebbero stati impiegati come servi in casa.

Purtroppo, Binner e’ morto dissanguato prima di poter approfondire il discorso, ma le sue parole sono sopravvissute nell’abisso del mio subconscio. Cosi’ stanotte e’ nato il progetto “Sfruttanipotemento”, e gia’ stamattina 2c e 7b sono andati a prendere servizio in un cantiere di costruzione. Adesso uno dei piromani ha ricevuto un’offerta di lavoro molto interessante: gli hanno proposto di fare il guardiano all’Archivio dei Processi Giudiziari dei Parlamentari Italiani – lo stipendio e’ alto, avra’ il cherosene gratis e gli danno fiammiferi quanti ne vuole.

Io vado a fare spazio nel mio conto corrente e a comprarmi libro e valigia nuovi.


* non tanto i metodi, quanto il fatto che era da considerare un peccato mortale e atto abominevole agli occhi di Dio

Saturday 19 July 2008

Bari: una lezione di cultura per i parigini

Il parigino, diceva un compagno di Vincent Van Gogh al manicomio di Saint-Rémy, si distingue per la sua straordinaria gentilezza e umiltà nei confronti degli altri. Avrebbe potuto aggiungere che gli abitanti della capitale francese si riconoscono subito anche grazie a quell’abitudine pittoresca di recitare quotidianamente all’ora dell’aperitivo, con malinconia proustiano, il verso che tutti loro imparano da bambini:

“Si Paris avait la mer, ce serait une petite Ber.”*

L’invidia dei francesi verso il capoluogo pugliese è più che comprensibile. Secondo gli ultimi dati dell’Istronz (Istituto per lo stravolgimento nazionale), Bari ormai attira più turisti che Roma, Venezia e Firenze. Alla stazione centrale hanno dovuto introdurre un sistema di prenotazione per i tanti giapponesi che vogliono filmare i treni, le biglietterie e gli orari ufficiali delle Ferrovie del Sud Est – evidentemente, le lunghe notti invernali a Kita-Kyushu e Fukuoka passano più in fretta quando si ha da guardare le riprese di cassieri baffuti o di tabelle che riportano le partenze per Putignano via Casamassima. Visitatori provenienti da ogni angolo del mondo affollano il quartiere culturale della Madonnella (“The Village”, come viene soprannominato dai critici d’arte e di musica) per “Il Festival dello Street Theatre”, che propone diversi spettacoli tradizionali, fra cui “Tu non comandi, io comando!” e “Come cazzo hanno montato quell’impalcatura?” Persino Bari 2**, definito “un paradiso terrestre” dal viaggiatore scozzese Hamish MacBollocks***, comincia a diventare una meta ambita dai turisti: l’anno prossimo su un piazzale di Via Capruzzi si aprirà un campeggio di lusso per zingari benestanti.

A Bari Vecchia, invece, il celebre Museo Vivente dello Scippo, una sorta di Disneyland alla Kubrick dove in passato gli avventurosi potevano liberarsi in modo esilarante di effetti personali ingombranti (borse, gioelli, macchine fotografiche, ecc.) in un autentico ambiente medievale, non sta più riscuotendo il successo di una volta, forse a causa delle innumerevoli attrazioni alternative. “Pas de problème,” dice Emmanuelle Belcul, l’attrice parisienne che da anni passa le vacanze estive nella sua penthouse a Fesca. “A Bari il ne manque absolument rien. C’est seulement là qu’on a la sensation d’être vraiment en vie.”****


* Il verso è stato poi tradotto e plagiato dai (grandi) poeti baresi: “Se Parigi avess lu mer sarebb na piccola Ber [Se Parigi avesse il mare sarebbe una piccola Bari]”.
** le zone oltre la ferrovia, che, secondo qualcuno, fanno anche parte della città.
*** Il simpatico indossatore di kilt è stato meno entusiasta della gita che ha fatto a Modugno, dove non solo gli hanno rubato il portafoglio (compreso il lucchetto) ma una motociclista gli ha anche investito il cane guida.
**** Traduzione: “A Bari non manca assolutamente niente. E’ solo lì che uno si sente veramente vivo.”

Monday 14 July 2008

Lezioni d'inglese indispensabile: le bestemmie


AVVISO AI TURISTI! Nei prossimi giorni, delle nuove norme saranno introdotte dal governo di Gordon Brown per vietare l'ingresso in Inghilterra* di individui che non siano in grado di: a) sostenere una lite seria in inglese corrente, usando termini e toni adatti; b) impiegare correttamente le imprecazioni approvate dalla Royal Academy of Vulgarity


Al momento dell’arrivo in aeroporto, i turisti saranno sottoposti a rigorosi esami orali condotti da doganieri nervosi e da tecnici della bestemmia. Cani speciali col fiuto linguistico, addestrati nel riconoscimento di aberrazioni di registro, assisteranno in qualità di osservatori (si fa per dire) a queste prove, e “neutralizzeranno” viaggiatori che cercano di importare uno o più dei seguenti item:

1) parolacce non omologate (e.g. “You are a great coglion!”);

2) collocazioni improprie (e.g. “You bloody bastard!”);

3) minacce espresse col uso del Presente Semplice (e.g. “Now I break your face!”) o del Presente Progressivo (e.g. “Now I am fucking your sister!”**);

4) minacce rivolte al sottoschiena dell’interlocutore (e.g. “Now I make you an arse like this!”);

5) imperativi travestiti da esclamazioni (e.g. “Fuck off! You’re already here!”);

6) accenti illegali (scozzese, sudafricano, barese, ecc. – un elenco completo di pronunce proibite è disponibile, su richiesta, dal Ministero per l’Accoglienza degli Stranieri).


La prova stessa consisterà in 4 parti, ovvero: Introduzioni; Scambio di insulti personali; Descrizione offensiva di una fotografia; Scambio di botte. Qui sotto, riporto la trascrizione della prima parte di un’esame sostenuto da un candidato di livello medio-basso:

Doganiere: Who the fuck are you?
Candidato: You are talking to me, bastard?
Doganiere: Who are you calling a bastard, Short-arse? Where are you from, anyway?
Candidato: I am come from the Italy, head of dick! Is problem for you?
Doganiere: You’re fucking right it is, Gino Ginelli! Bloody foreigners, coming over here stealing our jobs.
Candidato: I no want your job. I have the work in the my country: I do the teacher.
Doganiere: I bet you do, you dirty little...
Candidato: And my name is not Gino, is Nicola Ubarese.
Doganiere: Could you spell your surname for me please, Nicola, you picky little twat?
Candidato: Yes, is U-B-A... What I am doing? No, you go please to screwing the dog of your grandmother.


Il livello linguistico di questo candidato è stato ritenuto sufficiente per il rilascio di un visto valido per 7 giorni. Per i turisti intenzionati a passare più di una settimana in Inghilterra, è consigliabile seguire un corso intensivo di preparazione in modo tale da poter mandare a fare in culo l’esaminatore con la dovuta scioltezza.

* Da domani scomparirà il nome “Regno Unito”; le province della Scozia e del Galles saranno rinominate rispettivamente “Inghilterra del Nord” e “Inghilterra dell’Ouest”.
** Ovviamente, qualora il locutore stia intrattenendo, dal vivo, rapporti sessuali con la sorella dell’interlocutore, l’uso di codesta frase è irreprensibile e non sarà ritenuto punibile.

Friday 11 July 2008

Inglese per viaggiatori: le domande indispensabili

1) Could you repeat that slowly, please?

2) I’m sorry, could you repeat that again, just one word at a time?

3) Look, I apologise most humbly, but could you possibly break that down into syllables for me?

4) I’m afraid I missed the lessons at school on listening comprehension. Would it be too much trouble for you write that last sentence down on my handy note pad, please?

5) I can’t quite make out this letter. Is it an “r”* or an “l”?

6) How interesting! Does everyone in this country write in this extraordinary way?

7) You’re not bilingual by any chance, are you?

8) So when you said nine o’clock, you actually meant nine o’clock?

9) What do you mean the cars won’t stop if I just step out into the road?

10) Didn’t your mother ever teach you how to make proper coffee?

11) What time does the sun come out?

12) You call that a bathroom?

13) How much??!! You realise I don’t want to buy the train, just travel on it?

14) If I lend you my sister, will you show me the way to Piccadilly Circus**?


* pronounced “aaah”!!!
** pronounced... anzi, lasciamo perdere.

Saturday 5 July 2008

Il re della faccia tosta

In un vocabolario che non trovo più (la donna delle pulizie l’avrà sistemato nel forno o nella riserva dell’acqua – ma quella è un’altra storia), la chutzpah viene definita come la qualità dimostrata da chi, dopo di aver ammazzato i genitori, chiede clemenza al giudice in vista del fatto che è rimasto orfano. Seguendo il principio – enunciato da TS Eliot – che “i mediocri prendono in prestito, i grandi rubano”*, gli inglesi hanno trafugato la parola dallo Yiddish, un atto di chutzpah quasi al livello di quello di Eliot stesso, il quale, veniamo a scoprire, ha plagiato la riflessione da Picasso. Non avendo voluto perdere occasioni per dare conferma della propria grandezza, l’artista spagnolo l’aveva già fregata a Igor Stravinsky, che a sua volta l’avrà sottratta a qualche compatriota troppo rincoglionito dalla vodka per rendersi conto del furto. Insomma, di grandi in giro ce ne sono.

Nella storia dell’universo, però, quando si tratta di faccia veramente tosta, nessuno regge il confronto con mio “cognato”. Il campione viene coronato di virgolette per una serie di motivi, di cui il più impellente è quello di aver abbandonato mia sorella durante tutti e tre le sue gravidanze, per poi lasciarla definitivamente quando è nato l’ultimo bambino. Detto brevemente, lo considero “famiglia” nello stesso modo che mi sento imparentato con le limacce.

Sembrava che “Cog” (rispettiamo la privacy non usando il vero nome) avesse raggiunto l’apice della sua carriera nel momento in cui ha chiesto gli alimenti a mia sorella – pare che qualche volta è rimasto in casa a fare il babysitter ai figli mentre lei stava al lavoro – oppure quando ha regalato alla figlia un dvd che aveva preso in prestito** da lei qualche mese prima. Ma l’abbiamo sottovalutato. Adesso mi raggiunge la notizia agghiacciante che, dopo mesi di silenzio, “Cog” ha telefonato per sapere se sono arrivate le maglie del Manchester United che aveva mandato per i due maschi. MANCHESTER U-FUCKING-NITED!!! CI RENDIAMO CONTO???!!!

Fra un’ora parto per l’Inghilterra. Non arriverò in tempo per godermi il falò su cui mia sorella sta cremando gli indumenti diabolici, ma non posso perdere altro tempo. In quanto Zio Responsabile dell’Istruzione Calcistica, devo provvedere subito a vestire i nipoti con la divisa (non rimovibile) dell’Everton. Per quanto riguarda “Cog”, ho solo da imparare bene il discorso da fare davanti al giudice: “Vostro Onore, la pregherei di tenere conto del fatto che ho appena perso un cognato.”


*Tengo a sottolineare, per il beneficio di tutti i topini e di tutti i politici che ormai sono dipendenti da questo blog, che il poeta NON si riferiva né alle borse né ai soldi.
** Non “rubato”.

Thursday 3 July 2008

(Short) Free English Lessons 1: Frasi da eliminare dal tuo quaderno.

So-and-so. This does NOT mean “così così”. It is used as a noun by mothers and grandmothers to express disapproval of characters whom everyone else once described – for metaphorical rather than technical reasons – as “sods” [“sodomiti”], but who are now more commonly referred to as “bastards”.

Example of correct use: Silvio and Cesare are real so-and-sos.

My family is composed of five persons. The last native English speaker to use this expression was executed in 1772 for crimes against the language. It later emerged that, for tax evasion purposes, he had actually lied about the number of his relatives.

Example of correct use: There are five people* in my family.


* NB. Dogs are not people - though it might be argued that some people are dogs.

Tuesday 1 July 2008

5 libri leggeri da portare in spiaggia

Vi devo confessare una cosa (e qui rischio di essere cacciato per sempre dalla Facoltà di Lettere): non sopporto Joyce*, non sopporto Proust e, francamente, se devo scegliere fra un intervento dal dentista e leggere Virginia Woolf, opto senza esitazione per il primo. Ho sempre avuto il sospetto che il sceneggiatore di Fahrenheit 451 – il film di Truffaut che dipinge una società in cui leggere è illegale e i libri vengono bruciati dai pompieri incendiari – fosse stato da adolescente sottoposto a letture forzate di Al faro.

Chiamatemi pure incolto, ma per me lo scrittore deve innanzitutto fare divertire il lettore. Rispetto pienamente il diritto dei filosofi di farsi orgie di sostantivi astratti – bè, a pensarci bene, forse non pienamente: in realtà, vorrei una legge che vietasse ai filosofi l’uso di più di un sostantivo astratto per paragrafo – ma le cose che amo io in un libro sono story, style e simplicity. Elenco qui sotto alcuni dei miei preferiti.

1) Il giovane Holden – JD Salinger. Libro rivoluzionario. Dall’inizio hai l’impressione che il narratore parla solo con te, e non puoi non ascoltare.
If you really want to hear about it, the first thing you’ll probably want to know is where I was born, and what my lousy childhood was like, and how my parents were occupied and all before they had me, and all that David Copperfield kind of crap, but I don’t feel like going into it, if you want to know the truth.
[Se davvero avete voglia di sentire questa storia, magari vorrete sapere prima di tutto dove sono nato e com’è stata la mia infanzia schifa e che cosa facevano i miei genitori e compagnia bella prima che arrivassi io, e tutte quella baggianate alla David Copperfield, ma a me non mi va proprio di parlarne.]

2) Post Office - Charles Bukowski. Immediato, grezzo, divertente. O lo odi, o lo ami subito.
“Look, Fay,” I said, “I know you want to save the world, but can’t you start in the kitchen.” “Kitchens aren’t important,” she said.

3) Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte – Mark Haddon. Una storia divertente e molto particolare raccontata in modo disarmante da un bambino che soffre di Sindrome di Asperger (una forma di autismo).
The policeman took hold of my arm and lifted me onto my feet.
I didn’t like him touching me like this.
And this is when I hit him.

4) Il lamento di Portnoy – Philip Roth. Racconta i tentativi di un ebreo americano di fuggire dall’oppressione psicologica della madre. Geniale, sconcertante. Fa ridere fino alle lacrime.
On the phone she is perpetually telling whoever isn’t listening on the other end about her biggest fault being that she’s too good. “You know what my biggest fault is, Rose? I hate to say it about myself, but I’m too good.” [...] These are actual words, Doctor, tape-recorded these many years in my brain. And killing me still!

5) Bulli e Pupe – Damon Runyon. Una serie di racconti divertentissimi ambientati a New York nel periodo del proibizionismo. Personaggi coloriti, stile unico.
...I look up and who is in front of me but Rusty Charley. Now if I have any idea Rusty Charley is coming my way, you can go and bet all the coffee in Java I will be somewhere else at once for [...] I wish no part of him. Furthermore, nobody else in this town wishes to have any part of Rusty Charley, for he is a hard guy indeed.

*Ritratto dell’artista da giovane è noioso, Ulisse non finisce mai, e come si fa a raccogliere tutta la droga necessaria per affrontare Finnegan’s Wake (anche il mio professore all’Università di Sheffield, esperto rinomato in materia, ammetteva di non essere mai arrivato alla fine di questo romanzo indecifrabile)? Non farvi ingannare da Gente di Dublino: è stato scritto da mio bisnonno, Jimmy Jarvis, che per modestia, e per paura di mia bisnonna, Savage, non ha mai voluto essere riconosciuto come il vero autore.