Sunday, 25 July 2010

Welcome in Bari (including le mie avventure da uomo nero)

L’aereo è atterrato già da 35 minuti ma nessun passeggero spunta ancora nella Sala Arrivi. Strano: sarà che i viaggiatori si sono così tanto affezionati allo staff della Simpaticoair durante il volo che non ci si vogliono più staccare; o forse la compagnia avrà anticipato l’introduzione del sistema a pagamento per chi vuole usare la scala per scendere dal comodissimo 737 (€9, più le spese amministrative, se prenoti prima tramite carta di credito; €18 all’uscita dall’aereo; e €35 se vuoi essere tra i primi a essere spinti giù per i gradini dall’hostess).
Le porte della Sala Bagagli si aprono all’improvviso e esce un poliziotto bestemmiando. Prima che si richiudano le porte, intravedo in sottofondo, sul nastro trasportatore, una cosa che non sembra affatto un bagaglio. Sembra piuttosto un bambino, e per l’esattezza ha tutta l’apparenza di essere mio nipote 7B.
Tecnicamente 7B non è un bambino, è una forza della natura, e come tutte le forze della natura può essere molto pericoloso. Io l’ho sempre adorato, però, perché è affettuoso, mi fa ridere in continuazione, e una volta, per merito suo, sono finito a letto con due ragazze dell’aristocrazia inglese incontrate a Harrods. Da quando è nato, 7B è sempre stato una calamita per le donne: con i suoi enormi occhi scuri, capelli afro e pelle nera (mio cognato è di origini caraibiche), sembra una pubblicità per un’agenzia d’adozione, tant’è che un giorno al supermercato la cassiera mi ha chiesto se l’avevo preso on-line.
Eravamo capitati a Harrods per giocare a I’M SO RICH, uno dei passatempi preferiti di 7B in cui lui finge di essere un principe africano e io faccio la parte del tutor inglese assunto dal padre per insegnargli l’accento di Oxford. Mentre 7B costringeva un commesso a imitare il fischio di un “trenino” da giardino grande come un camion (costo: £85,000), sentii un profumo delicato.
“Che bello, questo bambino!”
Prima ancora di girarmi, assunsi un’espressione di modestia – quella sottile che fa capire alla donna che hai davanti che, per quanto tu sia umile, questo non è niente, e se vuole davvero conoscere il significato di “Che bello!”, basta che passi un pò del suo tempo con te. Funzionò.
“E che papà affascinante!”
“In effetti!”
Erano in due ed erano entrambe bellissime. Questa volta optai per un cenno di modestia leggermente più semplice, del tipo Dai-state-esagerando-ma-ammetto-che-non-vi-posso-dare-tutti-i-torti.
“Sono lo zio, me ne sto occupando mentre mia sorella sta dal parrucchiere,” spiegai, molto a bassa voce per paura che il commesso cominciasse a capire che non fossimo lì per liberarci di somme oscene di denaro reale. Ma ormai quest’ultimo era così addentrato nella sua nuova identità da locomotiva fischiante che non si era neanche accorto della presenza delle ragazze.
“Senti,” disse la prima ragazza – come tutta la gente della sua classe sociale, evitava di formare le vocali nella parte anteriore della bocca. Secondo mio bisnonno Jimmy, questa idiosincrasia linguistica è dovuta al fatto che per gli aristocratici inglesi è considerato “bad manners” far vedere, o intravedere, la lingua mentre si parla. Io da sempre avevo voluto indagare sulla questione di se e quanto la gamma di suoni prodotti da una “upper class English girl” tenda ad ampliarsi durante l’attività sessuale – “senti. Non appena tua sorella riprende il bambino, ti andrebbe di venire a bere qualcosa con noi? Non siamo mai uscite con un uomo nero fino ad ora.”
“Sì, dai!” esclamò l’altra. “Poi ci canti qualche canzone rap?”
“Ma io non sono ner… Certo!” risposi. “Sarà un vero piacere!”
“Mamma!” gridò 7B, vedendo arrivare la madre spettacolarmente pettinata.
Il commesso smise di fischiare e guardò un attimo perplesso mia sorella. Poi, ricomponendosi, fece un inchino e balbettò:
“S-sua maestà…”
Mia sorella gli gettò uno sguardo sospettoso, si girò e trascinò 7B verso l’insegna GIOCATTOLI A £8, mentre io accompagnai le due ragazze per approfondire la ricerca sulle vocali
anteriori.
Ma sto divagando…
Insomma, quando si riaprono le porte della Sala Bagagli, escono 7A, 7B e 7C accompagnati da mia sorella e da due poliziotti tutt’altro che felici. 7B sorride trionfalmente.
“Welcome in Bari!” grido.
“Don’t you mean ‘Welcome to Bari’?” risponde 7A, che è sempre attentissima agli errori degli adulti.
“No. Here they speak differently,” spiegai, indicando l’insegna. “Welcome in Bari!”