Wednesday, 24 February 2010

· Come non sedurre un inglese – una guida pratica per la donna barese

Stamattina, o forse ieri (in momenti di trauma la mia memoria si annebbia), Maria Crocefissa è riapparsa nella mia vita. Capita davanti al mio ufficio mentre cerca l’aula in cui si tengono gli incontri mensili dell’Associazione di Giovani Zitelle Senza Speranza; la riconosco anche prima di girarmi, dalla raffica di alito da topo morente che quasi mi scaraventa dalla sedia.
“From how much time, teacherrrr!!!” grida, facendo – non so se per la puzza o per le condizioni del suo inglese – rabbrividire un piccione barivecchiano sul davanzale della finestra. “I must to say you one thing.”
Sulle labbra di una donna normale, una frase così banale (anche se pronunciata con l’accento di Iapigia) non arriva a congelare il flusso del sangue in tutto l’apparato riproduttore maschile. Ma Maria Crocefissa non è una donna normale. Per motivi di correttezza politica (generale) e di salute mentale (personale), preferisco non soffermarmi sul suo aspetto fisico, ma mi sembra doveroso spiegare perché certe locuzioni anomale inglesi, predilette dalla summenzionata fanciulla, vanno evitate:

- Pleasure! I am Crucifix. A meno che il tuo interlocutore non sia il President of the Ecclesiastical Sado-Masochist Society of Great Britain, è improbabile che questa dichiarazione possa portare a buon fine.
- My strong piece is my hairy mussels. Mussels (cozze) and muscles (muscoli) sono omofoni, ma a prescindere dalle potenzialità disastrose di un’eventuale confusione tra molluschi e tessuti umani, ricordatevi che sono pochi i sostantivi che possano abbinarsi felicemente con l’aggettivo “peloso” durante la fase di seduzione di un uomo.
- I want you tasting my little ears with my grandmother’s juice. “Juice” già in se costituisce un termine pericoloso. Mal collocato - e peggio dell’associazione alla nonna non si può – è in grado di causare gravi danni psicologici al maschio inglese medio, nonché nausea, vomito e, in casi estremi, impotenza anafilattica. “Orecchiette” in inglese si dice “orecchiette”.

Non sono uno che snobba facilmente le avances di una signorina ma, insomma, avete capito perché, sudando ghiaccio, sono salito sul davanzale della finestra ormai aperta, intenzionato a buttarmi giù dal secondo piano piuttosto che sentire altre parole dolci dalla bocca di Maria Crocefissa. Tenendola sott’occhio, faccio un piccolo passo indietro.
“Aspè! U piccion’!” urla, lanciandosi verso di me, ma io sto già cadendo nel vuoto.