Sono passati due mesi dalla mia traumatica visita in Scozia e, anche se gli psichiatri non mi vogliono ancora far uscire dalla cella imbottita, sono tornato in ottima salute mentale: mi hanno persino ridato la segretaria scimpanzé a cui sono solito dettare i miei blog. Eventuali errori di grammatica o di ortografia sono – ovviamente – da attribuire a quest’ultima, che, tra l’altro, è nervosissima oggi per il fatto di aver mangiato nella mensa dell’ospedale un pessimo piatto di orecchiette con banane marce. Se mai capitate qui al North of England Institute for the Terminally Shell-Shocked, vi sconsiglio vivamente sia la mensa che le orecchiette. Evitate anche il vecchietto nella Stanza 9B: è convinto di essere un fusto di Stella Artois ma – fidatevi – quello che gli esce dal rubinetto non è lager.
“Ma come ha fatto a finire in un manicomio?” si chiederà qualcuno di voi*. Buona domanda. Adesso vi spiego tutto.
Come vi stavo dicendo, qualche anno fa mio fratello Five è andato a vivere, studiare e procreare ad Edimburgo. E’ inutile che vi segnalo l’ironia del fatto che, nonostante ciò, lui rimane in piena liberta mentre io mi trovo rinchiuso in un posto dove non si capisce se sono più pazzi i pazienti, i medici o i cani con tre teste che cantano lirica quando ti avvicini al cancello.
Ma sto divagando. A fine anno, ignorando gli avvertimenti degli amici e sfidando in maniera spericolata la sorte, mi sono avventurato oltre la frontiera che separa l’Inghilterra dalla terra desolata verso nord. Erano anni che non vedevo mio fratello ed ero ansioso di fare qualche lezione di dizione ai miei nipoti (5a, 5b, 5c e 5e – nella Scozia c’è una tassa anche sui nomi dei figli; più lettere hanno, più si paga) prima che il contatto con la gente del posto inquinasse per sempre la loro pronuncia. Volevo anche capire se fosse mai esistito un 5d, o se si trattasse semplicemente di un’ulteriore scappatoia fiscale.
Il primo giorno, ho avuto fortuna. Nevicava così forte quando ho oltrepassato la frontiera, che non c’era un’anima viva in giro. Così, sono riuscito a raggiungere Edimburgo senza mai dover rivelare le mie nobili origini**. A casa di mio fratello, tutto è andato nei migliori dei modi: i nipoti, avendo vissuto sempre in Scozia e non avendo mai visto un regalo, sono impazziti per la gioia quando hanno scartato le loro magliette con l’immagine di Edward Longshanks***; Five e sua moglie Vorace hanno messo subito ad arrostire il cinghiale che avevo distrattamente investito mentre parcheggiavo; e l’atmosfera nella caverna era così allegra che quasi non ci si accorgeva dei ghiaccioli che pendevano dalle orecchie dei bambini.
E poi…ma vedo che la mia segretaria sta grattando la pancia in maniera agitata. Ecco…mi dice che le stanno tornando su le orecchiette e che deve andare a cercare il cuoco per restituirgliele. Se me la rimandano domani, finirò di raccontarvi il fatto. Adesso vado a battere la testa contro il muro.
*Sicuramente, altri – e non solo le tre gemelle lesbiche dalla festa di Halloween (ragazze, che posso dire? Non è mica colpa mia se la cocaina e i cocktail erano gratis) – diranno che era ora.
**Per chi non lo sapesse, noi inglesi siamo odiati dagli scozzesi per conto della nostra superiorità calcistica.
***Il simpaticissimo re (idolo della mia amica Sissy, a cui dedico questo blog) del film “Braveheart”.
Saturday, 28 February 2009
Lettera da una cella imbottita
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